Sono passati oltre 50 anni dalla scoperta dei celebri Bronzi di Riace. Ma sono ancora numerosi gli interrogativi e tanto il mistero su chi fossero questi misteriosi guerrieri. E anche chi li abbia creati, per quale occasione e in quale contesto fossero originariamente destinati.
Le ipotesi
Nel corso di questi cinquant’anni, varie ipotesi sull’identificazione dei Bronzi si sono susseguite. Tra le più accettate vi è quella del professore di Numismatica all’Università di Messina, Daniele Castrizio. Egli propone che i Bronzi A e B facessero parte di un gruppo statuario che raffigurava il momento precedente al duello fratricida tra Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, legato al mito dei Sette a Tebe e a quello di Edipo.
L’ipotesi di Castrizio trova riscontri nelle fonti letterarie e iconografiche, oltre che nei risultati recenti delle indagini su patine e argilla. Si sostiene che questi guerrieri biondi e dorati siano stati realizzati ad Argos, nel Peloponneso greco, nella metà del V secolo a.C. dal bronzista Pythagoras di Reggio, considerato tra i migliori insieme a Fidia, Mirone e Policleto. Inizialmente esposti ad Argo, arrivarono a Roma dopo la conquista della Grecia nel 146 a.C.. Come siano finiti nelle acque di Riace rimane un mistero. Castrizio suggerisce che ciò sia avvenuto durante il naufragio di un carico d’arte diretto a Roma su ordine di Costantino.
Le altre statue
L’interrogativo sulla sorte delle altre tre presunte statue del gruppo è stato sollevato da Giuseppe Braghò, uno studioso locale. Nel corso degli anni, Braghò ha raccontato la storia post-scoperta dei Bronzi, caratterizzata da cause legali, denunce e depistaggi. A cinquant’anni di distanza, gli archeologi riconoscono la leggerezza e le operazioni maldestre che hanno contraddistinto il ritrovamento e il recupero dei Bronzi tra il 21 e il 22 agosto 1972.
Il mistero della scoperta
Il mistero che avvolge la scoperta dei Bronzi di Riace, la sera del 16 agosto 1972, è notevole. Le forze dell’ordine furono attivate solo dopo la segnalazione di quattro ragazzi, lasciando la zona incustodita per tutta la notte. La scoperta è attribuita al sub romano Stefano Mariottini, che la segnalò all’allora soprintendente Giuseppe Foti. La denuncia ufficiale fu presentata il 17 agosto 1972 e il caso giudiziario si chiuse con un premio di 125 milioni di lire a Mariottini.
Il ripescaggio dei Bronzi di fronte a una folla di curiosi si svolse con i carabinieri sommozzatori di Messina, un solo archeologo e lo scopritore ufficiale. I punti del ritrovamento non furono fissati con precisione, come indicato dalla relazione del Centro di archeologia sottomarina di Albenga.
La ricca presenza di reperti nelle acque di Riace era nota fin dal febbraio 1972, quando la rete di un pescatore rimase impigliata in “cose antiche” dopo una forte mareggiata. Questo portò a frequenti cacce al tesoro, sfruttando l’assenza di vigilanza istituzionale.
Nel 2005, Giuseppe Braghò iniziò a esaminare documenti sulla scoperta rimasti sotto chiave e ipotizzò l’esistenza di una terza statua. Un altro enigma riguarda uno scudo venduto negli Usa al Getty Museum per 6000 dollari. Nel 1981, una segnalazione indicò che un trafficante di reperti aveva recuperato uno scudo di 65 kg nei primi mesi del 1972 con l’aiuto di due pescatori, vendendolo successivamente negli Stati Uniti.